sabato 13 dicembre 2014

And the winner is...

Jenson Button
L'annuncio avvenne in una fredda mattina di dicembre. Tutto lasciava presagire che sarebbe stata l'ennesima occasione in cui il gran direttivo McLaren si sarebbe riunito in cerchio per annunciare al mondo che, ancora per una volta, non avrebbero fatto proprio alcun annuncio.
Io, di persona personalemente, decisi già qualche tempo fa di smettere di parlare dell'intera faccenda. Già quando Alonso ha ritenuto di dover mantenere il segreto delle proprie intenzioni, quando queste erano già sulla bocca di tutti, e smentire palesi verità, mi ritenevo piuttosto annoiata dallo scorrere degli eventi. Poi, per grazia divina, giunse la converma... e tutto il mondo replicò, privo dell'aspettata sorpresa e meraviglia nell'animo, ma va?!  A questo dovette per forza (non ne potevamo affatto fare a meno) seguire il mistero del pilota che avrebbe accompagnato la prima donna neo eletta: chi sarebbe stato? Chi avrebbero confermato? Il giovine giovinastro con tanta esperienza da maturare ancora sul campo o il più esperto compagno di squadra che, a colpi di ironman, continua a dimostrare di essere ancora in grado di mangiare in testa a molti colleghi ben più giovani? Certamente: la scelta avrebbe anche non potuto essere delle più semplici ma... detto tra di noi: ma che, in RedBull sono i più scemi che sono riusciti a fare il nome di Kwiat tipo 5 secondi dopo l'ufficializzazione delle dimissioni di Vettel?
L'impressione generale è che, qui, le cose, fossero successe tutto con un anno di anticipo. Come se non fosse previsto che Alonso volesse prendere la porta così presto da Maranello, come se Maranello avesse dovuto ripiegare un po' con il primo che passa, purchè fosse interessato a farsi pagare bene, come se in McLaren tutto questo avesse sconvolto i piani così confusamente messi in tavola l'anno scorso. Che senso ha avuto 365 giorni fa, mandare a casa Perez per assicurare un posto a Magnussen, se poi lo scopo non doveva essere quello di fargli macinare chilometri su chilometri sino ad imparare a non portarsi a casa una sanzione a gara? Che senso avrebbe avuto l'anno scorso confermare Button per il solo anno di transizione tra il ritorno dei motori turbo e l'ulteriore ritorno, con un certo tempismo, della Honda?
Se io, di persona personalmente, mi sono rifiutata di buttare altra benzina sul fuoco, di sparpagliare chiacchiere a vuoto come se non ci fosse un domani, il resto del mondo non l'ha pensata come me. C'è chi si è espresso a colori, come nel caso della vignetta in alto, e chi, come nel caso di cani e porci, hanno dovuto esprimere la loro. E l'hanno espressa proprio tutti. Anche, per dire, il buon Grosjean che, da novello opinion leader, e salvatore delle nuove generazioni ha sostenuto la necessità che la vecchia guardia lasciasse il posto alla nuova, togliendosi di mezzo e lasciandoli lavorare in pace.
Pacata e divertente la risposta dell'inglese che, con autentica flemma inglese, ha replicato a Grosjean che, se proprio sentiva la necessità di lasciare un posto ai giovani... poteva tranquillamente lasciare il suo! 
Abbiamo visto anche Webber, a modo suo, promuovere il passaggio del collega ed amico in WEC. E, sempre a modo suo, lo abbiamo visto anche lavorare piuttosto attivamente perchè si liberasse un posto da offrirgli.
Nei giorni che hanno preceduto la dichiarazione capire cosa stesse passando tra le menti di tutti i protagonisti non è stato affatto facile. C'è chi sostiene che tanti siano gli elementi in gioco e le persone addette a prendere la decisione finale e che tanti fossero gli interessi. La verità è che questi, in ogni caso, continuavano amuoversi a tre a tre, come se realmente stesse prendendo piede la boiata del secolo della terza vettura in pista. Anzi: a dirla tutta hanno continuato a muoversi a due a due: Alonso probabilmente era a casa a gestire le sue faccende domestiche, mentre gli altri giravano per il mondo facendo i burattini. Come ne caso del Johnny Walker Event di inizio mese, dove sarebbe dovuta uscire l'annuncio ufficiale della formazione 2015 e dove, una volta radunata la stampa mondiale in quel di Edimburgo, si diede un enorme pacco a tutti quanti. Così anche all'annuale Autosport Awards dove tanto Button quanto Magnussen si sono ritrovati in platea grazie alla loro dignitosa nomination (che non ha portato a nulla, per la cronaca) e, grazie al Button's-one-man-show, hanno potuto denunciare al mondo la persistenza della precarietà della loro posizione. 
I due, c'è da dirlo, prima, dopo e durante l'annunciazione non hanno dato alcun segno di cedimento. Anzi: a forza di confermare la loro stima reciproca, il loro rispetto reciproco, a corza di sentir dire "comunque vada..." per poco non veniva la voglia di trasformare una monoposto in bi-posto e, con una interpretazione estensiva del regolamento, infilarli entrambi all'interno dell'abitacolo. 
Venne quindi il gran giorno, quello in cui i Signori della McLaren annunciarono che il giovedì successivo sarebbe stato fatto il nome. Quello sì che fu un bel momento... anche perchè tutti quelli che stavano cercando di seguire la notizia si ritrovarono nella possibilità di incominciare a prenotare le vacanze di Natale senza rischi.
Quando fu fatto il nome di Button, devo dirlo, sono caduta dalla sedia. In modo metaforico, sia chiaro. Per quanto (come già fatto notare nella capsula del tempo) gli elementi a favore dell'inglese fossero molti, che si sarebbe veramente voluti andare nella sua direzione non lo ritenevo affatto probabile. Anzi, ero proprio convinta che, con buone parole di profondissima eterna stima, il giorno prestabilito sarebbe stata chiusa la porta in faccia a Button, sarebbe stato dato il via alle danze della gente scandalizzata per la decisione e sarebbe stato dato un nuovo benvenuto a K-Mag - il nuovo che avanza.

Segnali che avremmo dovuto cogliere:
1) Al Johnny Walker Event certamente non si è arrivati all'annuncio sperato ma venne fuori un altro indizio particolarmente interessante: il sig. Lego, quello dei mattoncini colorati, intenzionato a versare qualche quattrino nella causa, si sarebbe rifiutato di sponsorizzato un certo pilota danese. Niente contro i danesi in ogni caso. Conferma di quanto si sapeva n. 1: in questo mondo in cui non ci sono mai abbastanza soldi per qualsiasi cosa si voglia fare, ciò che ti offre una marcia in più è un dignitoso sponsor. Jenson Button, da questo punto di vista, aveva la carta vincente in mano: Button è una calamita per gli sponsor. Questo è un dato di fatto.
2) Questa la prendo alla lontana. Quando Hamilton decise di appendere al chiodo la propria divisa McLaren questi rivelarono particolari tecnici davvero molto interessanti. Per la cronaca: non ho assolutamente idea se sia roba vera o meno, però faccio finta di crederci. Quando si incomincia a pensare alla vettura dell'anno successivo si prendono "le misure" del pilota più alto, e poi si adatta la struttura anche a quello più basso. La differenza di altezza tra Button e Alonso pare evidente ad occhio nudo: se la vettura fosse stata adattata alle esigenze di Alonso, Button non ci sarebbe entrato neanche con il calzascarpe. Se Button non fosse stato contemplato nel progetto, lo avremmo saputo mesi fa. Essere alti qualcosa come unmetroenovantacitti dovrà pur avere dei risvolti positivi: oltre a prendere le cose sugli scaffali più alti intendo. Tra l'altro, su questa stessa base, avremmo potuto cogliere un altro indizio rivolto nella stessa direzione quando è apparso in pubblico con una delle nuove tute targate McLaren Honda: le maniche non arrivavano a 3\4, fatta su misura per lui!
3) Il tenore delle dichiarazioni. Ad Abu Dhabi Jenson Button giunse con tutta la famiglia sul groppone, una madre, qualche sorella e l'immancabile fidanzata. Gli tapezzarono la stanzetta con tutte foto commemorative e, la cosa più ottimista che riusciva a dire era: mio padre sarebbe nero di rabbia per come mi stanno trattando! (traduzione poco letterale ma che rende l'idea). Mentre in McLaren si rovesciavano secchi di monete d'oro sulla testa di Alonso, per lui, si diceva, non ci fossero abbastanza soldi per confermargli lo stipendio. Lui ribatteva piccato sulla mancanza di rispetto verso la sua posizione e verso quella di Kevin, lasciati sostanzialmente nell'impossibilità di cercarsi un'alternativa. Non è mai stata una questione di soldi ... disse lui e, in più di un'occasione, ha lasciato intendere di non essere quasi più interessato ad aspettare la decisione dall'alto. I toni qualche settimana dopo furono stemperati, non fece scatoloni di quello che aveva sulla scrivania, non mandò tutti a stendere cercandosi un hobby. Le trattative probabilmente stavano andando avanti in senso positivo... ed anche lui stava incominciando a capire, che il gioco valeva la candela... che un nuovo contratto biennale è meglio che guardare le mucche al pascolo.

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