domenica 12 febbraio 2017

2017: Lui non ci sarà # Jenson Button

Jenson Alexander Lyons Button, classe 1980: quando lui ha incominciato a correre in Formula 1 Max Verstappen doveva ancora imparare a camminare, dopo 17 stagioni, 7 team ed un titolo mondiale, lui, proprio lui, nel 2017 non ci sarà. 
Nei 17 lunghi anni della sua carriera davanti agli occhi di tutti è apparsa una evidente l'evoluzione del pilota. Partito nell'anno 2000, come uno dei tanti, dall'ultima fila, debuttando con un ritiro di tutto rispetto, a bordo di una Williams orfana di Alex Zanardi, per tutta la stagione ha dimostrato talmente tanto il proprio valore che, per i due anni sucessivi fu imprestato alla Benetton\Renault di matrice briatoniana. Giusto per non averlo in mezzo ai piedi. 
Nel 2001 - al fianco di Fisichella - le cose andarono addirittura peggio che in Williams, dell'anno successivo le cronache raccontano, addirittura, di un quasi podio in Malesia. Briatore non ne fu affatto soddisfatto, anche se la matematica non mente: 14 punti per lui, 9 soltanto per Yarno Trulli, ma il pupillo spagnolo premeva per salire a bordo e, scaduti i due anni del "prestito" fu rispedito alla Williams alla quale apparteneva dove, tuttavia, non ci fu più posto per lui. 
Non gli restò altro da fare che migrare in BAR, al fianco di Jacques Villeneuve. Dopo un'altra manciata di quasi podi del 2003, nel 2004 per la prima volta riuscì a salire sul più basso gradino del podio, proprio in Malesia, rimasta in sospeso dall'ultima volta. 
Il 2005 sarebbe dovuto essere l'anno del ritorno in Williams ma, dopo un accordo ormai siglato, fu la stessa BAR ad opporsi e tenersi l'inglese ancora per un po'. Tale faccenda di tira e molla con la Williams non ebbe modo di concludersi, in ogni modo prima del 2006, quando ormai la BAR era già diventata Honda e pare che Button abbia pagato la penale di persona pur di restarsene lì ancora per un po'. Di questi anni si ricordano:
  • la squalifica ad Imola 2005, dove chiuse la gara in terza piazza, ma la vettura risultò in sottopeso. Tale squalifica fu estesa anche alle due successive gare;
  • i compagni di squadra:  Jacques Villeneuve (2003), Takuma Sato (2004 - 2005), Rubens Barrichello (2006-2008);
  • la prima vittoria in carriera, giunta nel 2006 in Ungheria, là dove tutti i piloti piazzati dopo il quarto posto risultarono doppiati, dove i contendenti al titolo (Schumacher e Alonso) per ragioni proprie si autoeliminarono uno dopo l'altro dalla gara. In tale occasione si registrò anche il primo podio di Petro De La Rosa;
  • il fallimento della Honda che, dopo due stagioni di devastazione totale, chiuse i battenti per ritirarsi dalla formula 1. E dopo la Benetton e la BAR si può dire che Button ne ridusse in miseria un'altra.
Il 2009 fu l'anno del miracolo, dell'incredulità popolare e delle sorti che, modello sliding doors, riescono a stravolgersi in un battito di ciglia. Quando ormai pareva che per il 2009 non ci fosse nulla di meglio da fare che starsene sul divano a guardare la TV, quel che rimaneva della Honda venne rilevata da Ross Brawn e un altro gruzzoletto di valorosi che, in men che non si dica, hanno rimesso in piedi la situazione, ingaggiato gli unici due piloti disoccupati dello schieramento, disegnato un progetto per il quale potesse valere la pena... e 12 mesi dopo portato a casa il titolo iridato. Era l'anno di Jenson Button, e lui ancora non lo sapeva. Era l'anno di Jenson Button e noi ancora non ce ne eravamo resi conto.
Dopo aver vinto sei tra le prime sette gare, tra i mormorii locali di quelli che si domandavano ma chi? quello con il nome da shampoo? per il resto della stagione ha vissuto tranquillamente di rendita, alimentando le speranze di Barrichello che, per una ragione o per l'altra, ha creduto seriamente di potercela fare, ma portando a casa il titolo ben una gara prima della fine. 
Nonostante tutto, anche la Brawn GP fu portata al fallimento, e l'anno successivo decise di focalizzare tutta la propria attenzione sulla McLaren, appena scampata dallo scandalo della spy story e redenta dalle prestazioni dell'idolo locale, Lewis Hamilton, che, però, all'epoca odiavano tutti: c'era bisogno di un contrappeso alla situazione... e chi meglio di lui, appena sbocciato e riscoperto dalla massa?
Divenuto membro dell'ordine dell'impero britannico, la stagione 2010 al fianco di Lewis Hamilton partì discretamente bene, due vittorie e qualche altro podio sparso qua e là... eppure il mondo pareva decisamente più concentrato sulle bravate che i terrible boyz combinavano in giro per il mondo. Si narra di una grande amicizia finita in tragedia nel momento in cui Lewis ha iniziato a fare il divo ed i social network sono entrati nella sua vita, ma visto che di tutto ciò non vi è traccia, andiamo avanti. Degli anni in McLaren ricordiamo:
  • il triennio al fianco di Lewis Hamiton, nel primo fu Lewis ad avere la meglio, nel secondo fu Jenson, nel terzo fu nuovamente il turno di Lewis il quale, tuttavia, aveva già pronte le borse per il trasloco in Mercedes. A memoria ed è solo un'opinione personale, ma la loro è stata una delle migliori accoppiate degli ultimi tempi. Due piloti all'epoca assolutamente diversi, agli antipodi per modo di guidare, essere, vivere, reagire davanti alle situazioni ma in grado di trovare, ed i risultati lo hanno dimostrato, il loro perfetto equilibrio a livello di team. Uno più tecnico l'altro più istintivo, uno maggiormente a proprio agio davanti a situazioni di caos come quella di Canada 2011, l'altro in grado di mandare in vacca un mondiale all'ultima gara - quasi - per due volte di fila, ma imbattibile quando saturno non gli dava contro;
  • tooned;
  • canada 2011, una delle gare più roccambolesche che la formula 1 moderna ricordi, al termine della quale Button risultò vincitore;
  • il 2013, stagione durante la quale le cose iniziarono ad andare male, ma nessuno seppe dire veramente il perchè, al suo fianco Sergio Perez, liquidato alla fine della stagione dopo aver mirato in diverse occasioni al posteriore del compagno di squadra ma senza essere stato realmente in grado di reggere il passo con le prestazioni;
  • il 2014, con l'avvento di Kevin Magnussen, uno che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo della formula 1, un po' come fece Hamilton a suo tempo. Alla gara inaugurale entrambi i piloti finirono a podio e la stagione 2013 sembrava messa alle spalle. In realtà non andò esattamente così, leggermente meglio della precedente ma nulla di cui fosse lecito vantarsi in pubblico. Anche Magnussen venne quindi archiviato dopo una combattutissima battaglia compiuta dai sostenitori e dai mass media di mezzo mondo perchè fosse salvato il soldato Button;
  • il 2015, contrassegnato da due ritorni importanti per il team: quello di Alonso, di cui nessuno aveva seriamente sentito la mancanza, e quello della Honda, di cui, a conti fatti, nessuno aveva sentito la mancanza vista la debacle portata a casa per due anni su tre all'ultimo passaggio in zona. Le cose andarono male, molto male, malissimo, tanto che Magnussen quasi ne fu sollevato all'idea di poter assistere a tanta umiliazione senza viverla sulla propria pelle. A confronto pure quella 2013 sembra una stagione dignitosa;
  • il 2016, la stagione dei remi in barca. Perchè a questo punto è parso ovvio che di rimaner lì a far ballar la scimmia non ne avesse più voglia. Le cose, a conti fatti, sono andate un po' meglio di quanto non fosse successo nel 2015, ma, seriamente, non è un miglioramento è una legge statistica. Meglio di un'annata dove la vettura non è neanche partita il 50% delle volte è normale, oltre che probabile. 
Portato quindi un altro team al fallimento e al decadimento totale delle prestazioni, oltre che delle speranze e delle aspettative, Jenson Button si è ritirato offrendo al vento l'ultima delle pantomime in grado di rioffrire dignità all'uomo e al pilota che, nel frattempo, è diventato leggenda: l'anno sabbatico. Nel frattempo, per non lasciare troppa speranza a quelli che vorrebbero quasi per davvero vederlo ripiomabre al volante della McLaren, magari dopo l'ennesima bravata di Alonso, si è impegnato moltissimo a porre le basi della sua intera età pensionabile: ha adottato un cane, gli ha aperto un profilo instagram nel quale immortalare tutte le sue pucciosissime espressioni e ha iniziato a partecipare ad eventi come la Race Of Champions, che alla fine ha la stessa rilevanza sociale della partecipazione di un cantante in voga 10 anni fa al festival di Sanremo, giusto per non farsi dimenticare troppo in fretta.
-:-

2017: Lui non ci sarà # Nico Rosberg

2014: Lui non ci sarà # Timo Glock

2014: Lui non ci sarà # Mark Webber

2014: Lui non ci sarà # Rubens Barrichello

Nessun commento:

Posta un commento