martedì 20 gennaio 2015

10 cose che rimarranno di questo 2014

1) La volta in cui Maldonado prese fuoco... ed il box scoppiò a ridere. Immediata l'impressione della goliardata dell'anno. Come un piccolo petardo lasciato a detonare sotto la carrozzeria fino al momento fatale. Così, giusto per concludere in allegria un'annata che, in realtà, non ha offerto a Maldonado niente di più o niente di meno di quello che ci si poteva aspettare. Voglio dire: il carisma del pilota pare evidente e davanti agli occhi di tutti da anni: combina guai ed è convinto di saperci fare. Più si convince di saperci fare più combina guai. Tutto un circolo vizioso che si ripete, si nutre e si riproduce grazie agli sponsor che hanno fin qui finanziato il suo percorso in Formula 1 e che, lo finanzieranno anche per gli anni a venire. 
2) La volta in cui Massa celebrò il suo 200esimo GP, con una sobria festicciola alla quale parteciparono tutti i colleghi con lo stesso entusiasmo in volto con il quale ci si reca alla festa di compleanno della lontana prozia che proprio non ne può fare a meno di coinvolgere tutti i parenti entro il sesto grado di affinità parentale. 
3) La volta in cui Button fece vestire tutti di rosa in onore di papà. Il vero problema di questo mondo selvaggio è che, ogni colore, ogni nuance, ogni dettaglio, rischia di ricordare qualcos'altro... e molti sono i colori già prenotati dalle multinazionali. Il rosso è della Ferrari, il verde ricorda quel mondo là, quello che sta tra la Caterham e la Jaguar di antica memoria. L'argento preso. Il blu è preso da una scuderia (anzi due) che portano rosso nel nome ma viola in pancia. Cosa potersi inventare? I colori dell'iride sono pur quelli!! Il rosa: recuperata una vecchia foto del padre che, ricordiamolo, morì giusto un anno fa praticamente all'improvviso per un attacco di cuore, lasciando un grande vuoto in giro per il paddock e nel cuore di tutti quelli che erano soliti intrattenersi con lui da quelle parti, nella quale indossava una camicia rosa... ed il rosa improvvisamente diventò il colore simbolo della sua memoria. Azzarderei che, spesso, il rosa era pure il colore che portava in faccia, paonazzo dalla felicità come si può essere solo alla seconda birra a stomaco vuoto. Che poi, voglio dire, se nessuno aveva mai indossato un casco completamente rosa ci sarà pur stato un motivo. In ogni caso Pink for Papa è stato il leit motiv di quest'anno e, grazie al quale, sono state sostenute iniziative caritatevoli di sicuro rilievo morale.
4) La volta in cui tutto il mondo si accanì contro Verstappen Jr. Quest'anno è stato pure l'anno di Verstappen... senza che questo ancora avesse messo piede dentro una vettura di formula 1. Io, non so se si è notato, rispetto a tutta questa faccenda me ne sono sempre tenuta alla larga. Sarebbero potute essere versate milioni di parole a riguardo. A riguardo della sua giovane età. A riguardo del solito figlio di papà che, chissà come mai ottiene tutto molto prima di quanto non riescano a fare gli altri, ammesso e non concesso che gli altri ci riescano. Eppure non ho scritto niente, neanche una riga... perchè ci hanno pensato già tutti gli altri. E per tutti gli altri non intendo le solite testate pseudogiornalistiche che, qualcosa, copiaincollando qua e la, devono sempre riuscire a pubblicare in prima pagina... proprio tutti tutti tutti. Piloti, tecnici, ingenieri e addetti alla mensa aziendale. Tutti tranne i piani alti Toro Rosso, a quanto pare... che un posticino in squadra, nonostante sua giovane età, glielo hanno trovato.
5) La volta in cui sulla fiancata della Caterham spuntarono impresse le parole "Vorrei, non vorrei, ma se vuoi". Perchè il piccolo team inglese, qualcosa, avrebbe anche voluto farlo... ma fallì miseramente. E non è solo un modo di dire. La Caterham quest'anno, così come la Marussia, è fallita miseramente. Eppure ci ha provato. Ha provato a ruotare piloti così come quotidianamente siamo soliti cambiarci i calzini. Ha provato ad acchiappare sponsor a destra e a manca, sehnza capire che nessuno sano di mente vorrebbe mai accostare il proprio nome a quello di Kobacrashy. Venne il giorno in cui si sparse anche la voce che sarebbe stato Barrichello in persona a versare contributi alla causa in cambio di un posticino in gara. Neanche a dirlo, tempo di riflettere bene su quello che stava accadendo, hanno capito lì di essere giunti alla frutta, ed hanno chiuso i battenti a tre gare dalla fine.
6) La volta in cui tornò in campo il vecchio sentimento dell'amicizia. Dov'è che eravamo? A Spa?
7) La volta in cui l'intero insieme degli alti piani Mercedes finirono nel fosso nel corso di una biciclettata tra amici. Quello che ne uscì meglio fu Toto Wolf con "solo" un braccio rotto.
8) La volta in cui Rosberg volle arrivare sino in fondo. Abu Dhabi, ultima gara del campionato: matematicamente c'era ancora qualche possibilità che Rosberg vincesse il mondiale. Poche, remote e, soprattutto, del tutto legate alle sfighe altrui. Cosa che se la vettura di Hamilton avesse avuto dei problemi, così come accaduto molte altre volte nel corso della stagione, per lui sarebbe stato decisamente tutto in discesa. Il fato ha voluto che, invece, tutte le sfighe di questo mondo, tutte quelle che, magari, in buona fede, aveva augurato all'amico, giusto perchè anche lui potesse avere una possibilità di giocarsela, gli sono cadute in testa. Una dopo l'altra, senza un minimo di compassione. Senza che gli fosse risparmiato nulla, neanche dopo aver capito che ormai non c'era più niente da fare. Dai box qualcuno lo invita tranquillamente a rientrare, giusto per offrire una dolce morte a quel sogno che, fino ad un paio d'ore prima, viveva prospero e rigoglioso. Rosberg no: non ci sta! A quel punto vuole arrivare fino in fondo. Posso? Domanda timidamente in radio. Certamente!
9) La volta in cui Piquet Senior, incaricato delle interviste sul podio, fissò negli occhi Hamilton e non trovò niente da meglio che chiedergli dove fosse la PussycatDoll. Lewis rispose educatamente "a casa!" ma Piquet rischio seriamente di ritrovarsi alle calcagna tutti gli amichetti che "fanno brutto".
10) La volta in cui Massa did a Jenson. Granpremio del Brasile, quello che si disputa a pochi chilometri di distanza dalla casa della nonna di Barrichello, dove anche Massa è in grado di commuoversi all'idea di esserci, dove l'emozione è in grado di cogliere molti di sorpresa per quello che questa gara ogni anno promette ed è stata in grado, negli scorsi anni, di offrirci. L'emozione ha sicuramente colto anche Massa, orgogliosamente brasiliano di origini e di nazionalità, che, nel rientrare ai box, ha preso fischi per fiaschi, lucciole per lanterne, e si è gettato di testa davanti agli uomini McLaren. Interessante la mancata assunzione di responsabilità per lo sbaglio, innocente e neanche grave ai fini del risultato finale, del pilota giunto al momento della conferenza stampa con un elenco di scuse mai più finite. Colpa della luce negli occhi. Dei McLaren usciti proprio quando rientrava lui. Del colore della divisa simile. Degli asini che volano e di quel limoncino di troppo bevuto prima di salire in macchina.

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